Adenocarcinoma primitivo del duodeno
Gli adenocarcinomi del duodeno costituiscono lo 0.5% delle neoplasie gastrointestinali e circa il 10% delle neoplasie periampollari. In relazione alla sede di insorgenza, sono divisi in adenocarcinomi del duodeno periampollare e adenocarcinomi extra-ampollari (terza-quarta porzione del duodeno). Secondo i pochi dati di letteratura disponibili sembra che le localizzazioni periampollari siano più comuni. La lesione può originare direttamente dall’epitelio della mucosa duodenale o può instaurarsi su lesioni benigne preesistenti (polipi, FAP, iperplasia linfoide, eterotopie gastriche e pancreatiche, sindrome di Peutz-Jeghers). Condizioni a rischio di trasformazione maligna sono anche il morbo di Crohn, la sindrome di von Recklinghausen e il morbo celiaco dell’adulto.
I principali sintomi dell’adenocarcinoma del duodeno sono:
- Perdita di peso
- Astenia (stanchezza anche profonda)
- Dolore addominale
- Difficoltà a digerire
- Sanguinamento con melena (feci nerastre), anemizzazione
- Occlusione intestinale (impossibilità nell’alimentazione, vomito)
- Ittero (nelle forme che insorgono in stretta prossimità della papilla di Vater)
L’esofagogastroduodenoscopia (EGDS) permette di visualizzare la lesione (che risulta il più delle volte esofitica, cioè protrudente nel lume del duodeno) e di eseguire biopsie per conferma diagnostica. La tomografia computerizzata (TAC) è la principale indagine radiologica per lo studio completo dell’addome.
Se le indagini specialistiche (radiologiche, endoscopiche, di laboratorio, istologiche) confermano presenza di un adenocarcinoma duodenale, lo specialista attribuisce alla neoplasia stessa uno stadio in base al sistema TNM (tumore/(linfo)nodi/metastasi), proposto dall’American Joint Commitee on Cancer (AJCC, www.cancerstaging.org). Lo stadio di malattia sarà confermato all’esame istopatologico in caso di intervento chirurgico di resezione. Gli stadi di malattia sono quattro, in alcuni casi divisi in sotto-stadi. Per le neoplasie del piccolo intestino è attualmente in uso il seguente schema (settima edizione AJCC, 2010):
- Stadio 0: La neoplasia è confinata allo strato più superficiale della mucosa duodenale (carcinoma in situ).
- Stadio I: La neoplasia si estende nella parete del duodeno, senza invaderla a tutto spessore (entro la muscolare propria), non si estende ai linfonodi regionali e non ha dato metastasi a distanza.
- Stadio IIA: La neoplasia si estende a tutto spessore nella parete del duodeno, senza tuttavia estendersi oltre la sierosa (peritoneo viscerale). non si estende ai linfonodi regionali e non ha dato metastasi a distanza.
- Stadio IIB: La neoplasia si estende oltre la sierosa oppure a organi adiacenti. non si estende ai linfonodi regionali e non ha dato metastasi a distanza.
- Stadio IIIA: La neoplasia si estende ai linfonodi regionali (<=3) e non ha dato metastasi a distanza.
- Stadio IIIB: La neoplasia si estende ai linfonodi regionali (>3) e non ha dato metastasi a distanza.
- Stadio IV: La neoplasia ha dato metastasi a distanza.
La terapia dell’adenocarcinoma duodenale dipende dallo stadio di malattia. In base alla stadiazione clinico-radiologica, lo specialista proporrà il piano di terapia più idoneo.
Quando la neoplasia è tecnicamente resecabile, cioè asportabile chirurgicamente con intento radicale (stadi 0-IIIB), è giustificata anche una chirurgia aggressiva (resezione vascolare o resezione di organi contigui). Il trattamento di scelta consiste nella duodenocefalopancreasectomia con linfoadenectomia regionale. E’ indicata anche la terapia adiuvante.
La neoplasia localmente avanzata è una lesione di grosse dimensioni in stadio IIB-IIIA/B che infiltra l’asse arterioso mesenterico superiore o che non è tecnicamente resecabile per massiva infiltrazione di organi contigui. In caso di sintomi correlati con la presenza della neoplasia, potrebbe essere indicato un trattamento palliativo per risolvere i sintomi stessi:
- Se presente ittero da compressione della via biliare principale da parte della neoplasia, lo specialista potrebbe decidere di posizionare uno stent (protesi tubolare in plastica o in metallo) per via endoscopica o un drenaggio biliare percutaneo (un piccolo tubo in plastica inserito direttamente dentro il fegato), vedi la sezione dedicata alla diagnostica.
- Se necessario, può anche essere eseguito un intervento chirurgico di bypass (biliare e/o gastrico se associati sintomi di occlusione intestinale).
- Durante l’intervento può essere prelevato un frammento di neoplasia per permettere la diagnosi istologica.
In base alla tolleranza alla terapia, i pazienti seguiranno un costante follow-up clinico e radiologico a cura del centro oncologico di fiducia e del nostro centro.
GIST del duodeno
L’acronimo GIST (tumori stromali gastrointestinali) indica un gruppo di neoplasie accomunate dalla positività per la proteina CD117 (c-kit). I GIST sono piuttosto rari (1-3% dei tumori gastrointestinali), e la localizzazione duodenale non è la più frequente. La presentazione clinica dei GIST duodenali è variabile, i sintomi più frequenti sono sanguinamento, dolore addominale e – in caso di grosse lesioni – occlusione intestinale. La maggior parte delle lesioni è sita a livello della seconda porzione duodenale. La terapia dei GIST del duodeno è chirurgica. Al contrario dell’adenocarcinoma, i GIST non tendono a infiltrare le strutture adiacenti e metastatizzano molto raramente ai linfonodi regionali. Di conseguenza, sono stati proposti interventi di tipo conservativo (resezione locale del tumore senza linfoadenectomia formale). I risultati a lungo termine (sopravvivenza) sembrano simili a quelli dei pazienti sottoposti a duodenocefalopancreasectomia, che tuttavia resta indicata quando la neoplasia è sita sulla papilla di Vater o sulla parete mediale della II e della III porzione duodenale (a stretto contatto con la testa del pancreas).
In particolare, il rischio di ricorrenza o di sviluppo di metastasi dopo resezione di un GIST è indipendente dal tipo di intervento chirurgico, ed è stato stimato in base alle dimensioni della neoplasia e al numero di mitosi (divisione delle cellule) per campo microscopico (tabella di rischio NIH). Per maggiori informazioni clicca qui.
I GIST sono state le prime neoplasie per il trattamento delle quali è stato approvato un farmaco a bersaglio molecolare (imanitib). L’imanitib agisce bloccando la proteina c-kit e altre protein kinasi, regolatori critici della proliferazione cellulare. Il farmaco è inizialmente stato utilizzato sulla malattia metastatica, successivamente è stato approvato come terapia adiuvante (dopo resezione con intento radicale), oggi è anche utilizzato in via sperimentale in terapia neoadiuvante (prima dell’intervento chirurgico) per ridurre le dimensioni della neoplasia e consentire un intervento meno esteso in una neoplasia resecabile o per tentare di rendere resecabile una neoplasia localmente avanzata. Recentemente sono stati approvati per altri farmaci a bersaglio molecolare per il trattamento dei GIST (ex. sunitinib).