Neoplasia metastatica
La principale sede di metastasi da neoplasia neuroendocrina del pancreas è il fegato. Il trattamento delle metastasi epatiche è multimodale, nel senso che sono disponibili diverse armi terapeutiche da “gestire” in relazione alle caratteristiche del singolo paziente, dopo attenta analisi del caso da parte di un team multidisciplinare esperto.
Se la malattia metastatica è limitata al fegato e le lesioni sono tecnicamente asportabili, la chirurgia ha un ruolo predominante. La finalità dell’approccio chirurgico, che può essere molto variabile in termini di tipologia ed estensione, è l’asportazione di tutte le metastasi presenti (anche in più riprese), poichè la resezione completa è associata a un tempo alla ricorrenza e a una sopravvivenza significativamente maggiore rispetto a quanto osservato in pazienti con metastasi non resecabili. Sono candidabili a resezione radicale pazienti con metastasi da neoplasia ben differenziata (G1/G2), senza severe comorbidità nè metastasi linfonodi, peritoneali o extra-addominali. La resezione di metastasi scarsamente differenziate (G3) è generalmente controindicata La scelta dell’intervento dipende dalle condizioni del paziente, dal numero e dalla sede delle metastasi, dalla complessità della resezione epatica, e dalla stima del volume epatico residuo. E’ possibile rimuovere sino al 65-70% del volume epatico. A causa di queste limitazioni, una resezione con intento radicale delle metastasi epatiche è possibile soltanto nel 20% dei casi. La maggior parte dei pazienti ha infatti di lesioni multiple, site in entrambi i lobi epatici e che coinvolgono più del 75% dell’organo.
Le resezioni non radicali delle metastasi epatiche (palliative o R2, con residuo macroscopico di malattia) possono essere proposte per diminuire la quantità di malattia presente (citoriduzione o debulking) quando è tecnicamente possibile asportare più del 90% delle lesioni. Questo approccio è sempre parte di una più ampia strategia multimodale, che include altre tecniche di tipo ablativo, la terapia radiometabolica, e la chemioterapia.
La resezione del tumore pancreatico a scopo citoriduttivo, in presenza di metastasi epatiche non resecabili è proposta in casi selezionati al fine di alleviare eventuali sintomi legati alla massa tumorale (ad esempio l’ittero). Inoltre, alcuni studi retrospettivi hanno dimostrato un possibile vantaggio in termini di sopravvivenza.
Il trapianto di fegato è una opzione applicabile soltanto nell’1% di casi. Il principale criterio per tale approccio è rappresentato dalla presenza di multiple metastasi non resecabili né trattabili con altre procedure interventistiche, o dalla presenza di una sindrome ormonale severa in pazienti con multiple metastasi non resecabili. Requisiti minimi per il trapiano sono: metastasi ben differenziate (G1/G2), assenza di malattia extra-epatica, precedente resezione del tumore pancreatico, e malattia stabile dopo un anno dalla diagnosi. L’efficacia del trapianto di fegato per metastasi multiple da neoplasia neuroendocrina del pancreas è controversa, e i risultati non sembrano particolarmente incoraggianti.
Le terapie ablative loco-regionali sono procedure palliative interventistiche endovascolari o che sfruttano particolari forme di energia per trattare metastasi epatiche multiple e di grosse dimensioni. Possono essere utilizzate da sole (anche in più riprese) o in associazione a una terapia chirurgica palliativa. Sono in sintesi:
L’embolizzazione trans-arteriosa (TAE), nota anche come “bland embolization“, che consiste nella occlusione selettiva (solitamente con Lipodol e microsfere) dei piccoli rami arteriosi che nutrono la metastasi. Un piccolo catetere è inserito in arteria femorale e spinto sotto guida angiografica sino alle ramificazioni della arteria epatica.
La chemio-embolizzazione trans-arteriosa (TACE), che combina la embolizzazione con la chemioterapia trans-arteriosa. Mediante un piccolo catetere spinto per via angiografica nelle diramazioni dell’arteria epatica (analogamente alla TAE) viene iniettato direttamente nelle metastasi un chemioterapico (ex. dacarbazina, doxorubicina, mitomicina C) e successivamente è praticata l’embolizzazione con Lipiodol e microsfere.
La termoablazione per radiofrequenza (RFA), che consiste nell’applicazione mediante aghi dedicati (collegati a un apposito generatore) di onde elettromagnetiche. Tale procedura causa un sensibile aumento di temperatura intratumorale con conseguente necrosi per coagulazione delle proteine cellulari. E’ solitamente eseguita per via percutanea (l’ago è infisso per puntura attraverso la pelle in anestesia locale).
Le terapie ablative loco-regionali sono efficaci nel ridurre il volume di malattia, ma l’evidenza scientifica riguardo i risultati (in termini di progressione di malattia e sopravvivenza) dopo TACE e RFA per metastasi epatiche da neoplasie neuroendocrine del pancreas è ancora limitata.
La radioterapia recettoriale (PRRT, Peptide Receptor Radionuclide Therapy o radioterapia metabolica) è una tecnica di recente introduzione che sfrutta il legame di analoghi sintetici della somatostatina coniugati a radioisotopi con i recettori per la somatostatina espressi dal tumore, in modo tale da concentrare selettivamente la radiotossicità all’interno delle cellule neoplastiche. I radioisotopi più utilizzati sono L’ittrio-90 (nella forma 90Y-DOTA-TOC) e il Lutezio-177 (nella forma 177Lu-DOTA-TATE). Condizione necessaria per la radioterapia recettoriale è che le metastasi esprimano i recettori per la somatostatina (siano captanti all’OCTREOSCAN™ o alla PET con 68-Ga-DOTA-TATE). I risultati della radioterapia recettoriale sul controllo della malattia sono ancora preliminari ma incoraggianti.
La terapia con analoghi della somatostatina (octreotide e lanreotide) è stata storicamente la più utilizzata per il trattamento medico delle neoplasie metastatiche ben differenziate (G1 secondo WHO 2010) che esprimono i recettori per la somatostatina medesima all’OCTREOSCAN™ o alla PET con 68-Ga-DOTA-TATE. Questi farmaci sono anche efficaci per il controllo dei sintomi nelle forme funzionanti (tranne l’insulinoma) e per il controllo della crescita tumorale a lungo termine. Grazie alle formulazioni a lento rilascio, gli analoghi di sintesi della somatostatina possono essere somministrati una volta al mese (forme a lento rilascio o LAR) per via intramuscolare o intradermica profonda, permettendo una migliore gestione clinica del paziente.
La chemioterapia è utilizzata prevalentemente nei pazienti con neoplasie neuroendocrine del pancreas metastatiche ad elevato indice di proliferazione o con caratteristiche di aggressività (G2 o G3 secondo WHO 2010), o in progressione dopo altre forme di terapia (specialmente dopo terapia con analoghi della somatostatina). Sono stati testati nel tempo per il controllo della malattia diversi farmaci, in monoterapia o in associazione (capecitabina, temozolomide, doxorubicina, streptozotocina, 5-fluorouracile, dacarbazina, etoposide, cisplatino, oxaliplatino, carboplatino).
I farmaci a bersaglio molecolare (targeted therapy) rappresentano l’arma terapeutica di più recente introduzione, e sono attualmente utilizzati sulle neoplasie neuroendocrine del pancreas metastatiche e in progressione di malattia. Si tratta di molecole che agiscono su specifici bersagli cellulari implicati nella proliferazione tumorale. L’everolimus agisce sulla proteina mTOR, che regola l’angiogenesi, la proliferazione e il metabolismo delle cellule tumorali. Il sunitinib malato blocca i recettori tirosin-chinasici e inibisce i processi di angiogenesi e proliferazione cellulare. Everolimus e Sunitinib possono essere utilizzati in combinazione con analoghi di sintesi della somatostatina nella malattia metastatica in progressione. Recenti trial clinici randomizzati hanno dimostrato un chiaro beneficio, specialmente in termini di tempo alla progressione. Gli effetti collaterali, tuttavia, non sono trascurabili.
Nonostante il vasto armamentario terapeutico per il trattamento delle metastasi epatiche da neoplasia neuroendocrina del pancreas, escluso il trattamento chirurgico, non esiste robusta evidenza a favore di un determinato approccio nè è chiara la migliore sequenza tra le varie metodiche disponibili. E’ dunque indispensabile lo studio attento del singolo caso per poter progettare il programma di trattamento più idoneo.